Sarvegu: dialetto genovese, agg. selvatico/selvaggio/rustico
per estensione, sost. persona che non dà confidenze /che non gradisce smancerie / non incline alla socialità di facciata / orso.

mercoledì 31 ottobre 2012

Non pensare e fallo (un mio racconto)



Non pensare e fallo

- Troppe sigarette – si sorprese a pensare Roberto con il fiatone mentre un passo dietro l’altro s’inerpicava su per lo stretto sentiero. Valeva comunque la pena. Aveva adesso raggiunto la macchia di contorti pini che si accavallavano l’uno all’altro a contendersi la terra tra la roccia a ridosso della scogliera, più avanti diventavano bosco per poi morire dove il vecchio tracciato incontrava l’alta parete. Lì solo erbaccia riusciva a spuntare.
- La vita  non spreca occasione di tentare -
Continuò con passo metodico e solo un poco più lento. Il sentiero proseguiva per raggiungere inerpicandosi ancora il vecchio paese che dominava sul mare. Una volta quel vecchio sentiero era la via più breve per raggiungere il porto alla marina.
Lo conosceva bene quel sentiero ma oggi non lo avrebbe percorso tutto . La sua meta era vicina, non aveva da proseguire oltre. Il posto era quello.
Alla svolta successiva avrebbe raggiunto lo sperone di roccia che proteso sul mare formava un’ampia e suggestiva terrazza naturale. Ben impressa nella memoria aveva l’immagine di quel luogo; sembrava come più grande proprio in confronto al sentiero che fin lì stretto, scosceso e ripido, proprio qui si slargava in un breve tratto in piano.  La ringhiera in semplici e ormai corrosi legni che limitava il sentiero nei sui punti più difficili, qui ora non seguiva più il bordo della terrazza come un tempo ma la separava da questo come a costringerlo a proseguire imperterrito. Un palo di ferro, un cartello arrugginito, una scritta che avvisava – Pericolo di caduta! Non sporgersi –
In anni passati qui erano stati ritrovate poche piccole cose di persone mai più ritrovate e che chissà da lì forse erano solo cadute .  Un bel cartello e la prevenzione è fatta che tanto, se non erano solo cadute, non era certo la ringhiera che t’avrebbe trattenuto. Roberto quando vi giungeva sempre la scavalcava, si metteva seduto vicino all’orlo ed abbracciava con lo sguardo tutto quel grande mare che stava davanti; interrogava i propri pensieri con una sigaretta annoiata.
 Avrebbe fatto così anche quel giorno. Più o meno.
Svoltò la curva e vide la donna sull’orlo della terrazza, ben bene sull’orlo della terrazza.
 La borsa appoggiata ai piedi del cartello, accanto a questa un giaccone ed un maglione ben piegati uno sull’altro. La brezza decisa le smuoveva i capelli a caschetto di un rosso menopausa.
Stava lì, un po’ sovrappeso, le braccia sui fianchi, addosso solo una camicia chiara, ferma a guardare un orizzonte lontano.
Ancor prima di pensare Roberto aveva battezzato il momento ed ancor prima di pensare :
«SALVE! Che vento che c’è oggi  eh? »
Un urlo scosse la donna che smulinò le braccia,  balzò all’indietro cadendo poi seduta, la bocca aperta in un altro urlo stavolta silenzioso.
Roberto la raggiunse in pochi attimi, si inginocchiò accanto a lei.
«MI SCUSI! Mi scusi signora, l’ho spaventata? Mi scusi, non volevo… »
«No no … tutto a posto» riuscì  lei rispondere a mezzo fiato.
«sicuro? che ha, si sente male? Ha la faccia stravolta! Davvero sembra…»
«Sì è vero, mi sono spaventata,  ero così assorta che mi sono spaventata»
«Me lo immagino anche signora, però si figuri anche me quando l’ho vista lì proprio sull’orlo, non sapevo cosa pensare …»
La donna lo guardò fisso negli occhi qualche attimo, poi, con una voce appena più bassa, gli chiese: «E cosa pensava?»
«cosa pensavo? Niente! cosa pensavo… che fosse troppo sul bordo, ecco sì, quello pensavo e la volevo avvisare ma avevo paura di spaventarla e mi cadesse giù, allora l’ho salutata così, un forte saluto del più e del meno e l’ho vista vacillare e come perdere l’equilibrio e allora mi son detto vai e per un attimo ho chiuso gli occhi. Quando poi l’ho vista invece cadere all’indietro son corso in un attimo qui ad aiutarla e … »
« e c’è mancato poco, c’è mancato, che cadessi giù davvero! »
«Signora! Sono mortificatissimo, mi creda, io …»
«no, tranquillo, è andato tutto bene. Se no poi tanto ero qui per quello …»
«ah!»
«… »
«… »
« allora avevo visto bene … » Roberto con un filo di voce imbarazzata.
Passò ancora qualche istante poi la donna si voltò di nuovo verso di lui, stese la mano e con semplicità disse «piacere, mi chiamo Renata ».
«Ed io Roberto, piacere Renata »..
Renata rabbrividì strusciandosi le mani sulle spalle «Le chiedo ora una cortesia, se mi può prendere la mia roba lì dietro, m’è preso il freddo adesso».
Sedendole di nuovo accanto, Roberto nel porgerle il maglione e poi il giaccone:
« Fa freddo sì, così in camicetta e con questo vento … poi quando il sole sparisce dietro le nuvole poi! ma questo nuvolone tra poco è passato e si stempera un po’ di nuovo  ». Sorrise aperto Roberto e colse anche l’attimo per una fugace occhiata d’insieme alla scollatura. “eh però!” pensò anche.
Renata lo guardò e d’improvviso si mise a ridere, dapprima piano, poi sempre più forte.
Roberto era perplesso, sorrideva anche lui per simpatia ma non riusciva a capire l’umorismo nelle proprie parole.
« Di solito lo fa di fare più caldo se c’è il sole …  »
«No, non è quello … é che… sì insomma, avevo pensato che erano un bel maglione ed un buon giaccone, perché sciuparli, magari a mia figlia potevano fare comodo … »
«aaah ecco cos’era! La buona economia domestica delle donne di una volta!  » e risero stavolta insieme di gusto.
« Pensi invece che se avessi dovuto farlo io proprio non mi sarei posto il problema, anzi! Comodo fino all’ultimo … »
Parlarono. Parlarono a lungo.
Davanti a loro, all’orizzonte dell’ampia baia già si intuivano i larghi marosi che rincorrendosi in onde e spuma venivano a frangersi ai piedi della scogliera qui sotto con fragore. Il cielo marezzato a tonalità di grigio cupo cambiava rapido le forme delle dense nuvole, sarebbe piovuto.

Una banale storia di corna. Lei con il marito gestivano una giostra per bambini al luna park stabile là al paese accanto, quello nel parco dietro all’Hotel “Continente”. Sì lo conosco, c’ho portato i miei figli quando erano piccoli. Ecco quello, è di mio marito. Io lavoro lì ma ho anche una piccola agenzia di affitti estivi, non grandi cose che di vendite con questa crisi non se ne parla ma insomma mi arrangio. Per quest’estate abbiamo preso a darci una mano una ragazza Croata, una trentenne slavata che non mi è piaciuta fin dal primo momento che l’ho vista. L’ho detto a mio marito ma lui ma cosa vai mai a pensare, invece così sei più libera di muoverti per le tue cose.
Era poi andata come era andata. Ad ottobre lui le aveva detto che si era innamorato di Hana, così si chiama quella maiala, e che per piacere la loro storia era finita.
«E io?  »
«E tu per piacere vai via, magari vai per un po’ da Sandra fino a quando non ti trovi una sistemazione …  »
Sandra era la loro figlia, unica e sposata con Andrea, figlio di un altro giostraio sempre lì al parco.
Era invece tornata da sua madre, vedova; c’aveva pensato tanto su e c’erano tante cose che non le tornavano. E la vergogna poi. Allora, un po’ alla volta, c’aveva pensato su e pian piano le era parsa la soluzione migliore. Ecco perché oggi era lì.
Parlarono. Parlarono a lungo.
Vede Renata, suo marito è un cinquantenne come me e a quest’età l’uomo rincoglionisce. Comincia ad essere affacciato su un normale decadimento e rincula. Gli ultimi ormoni possono fargli fare delle cazzate più grandi di quando di ormoni ce n’aveva tanti. Se lo ama ingoi la vergogna ed aspetti. Verrà lui con vergogna a lei quando l’ultima fiammata avrà illuminato l’autunno. Sì, con le belle parole si fa tutto facile e poi c’è il vivere. Allora anche lei come mio marito ha le crisi di mezza età? Come si chiama la sua? No, nessuna Hana né Gianna né Giannina, magari solo un po’ di avvilimento per quello che non ho raccolto o che ho sprecato ma è solo un attimo, poi si scende tranquilli a valle.  Comunque non mi sarei gettata, non più o per lo meno non ancora. Ho pensato a mia figlia. È buffo il mondo, nell’ultima telefonata che le ho fatto, ed ero già qui, era un po’ in ansia perché m’ha detto che ha un ritardo. Quanto? Le ho chiesto, una settimana! Seee, hai voglia te, una settimana è tutto come niente. Secondo me non è niente, a quell’età il ciclo balla come gli pare, io, con rispetto parlando, non l’ho avuto quasi mai regolare.
Però poi, mentre ero lì, ho pensato perché no, che poteva essere. Succede tutti i giorni. Mi spiaceva solo non sapere se mio nipote o mia nipote era già in arrivo e se lo era non prenderlo in braccio. È lì che ho capito che non mi sarei lanciata. Poi è arrivato lei.
«E a momenti non l’avrebbe mai saputo …  »
«E già, a momenti andava davvero così  »
« Allora … tutto bene, Renata?  »
«Sì, tutto bene.   »
« Davvero davvero?  »
« Davvero davvero!  »
« Bene allora!  »
« Sì bene ».
C’era stata una pausa di imbarazzato silenzio quando tutte le parole che potevano o dovevano essere dette erano state dette.
« Sarà bene che io mi avvii  » disse Renata. « anche lei viene su al paese?  ».
« No no, io tra un po’ scendo  ».
« Ma se stava salendo!?  »
« Sì, ma per venire proprio qui. Il dottore mi fa fare lunghe camminate. Quando posso le faccio e spesso come meta mi do questo spiazzo, è così bello. Mi fermo un po’, mi fumo un paio di sigarette e poi torno indietro  ».
« Sì, è proprio bello. Da bambina ci venivo con mia madre, la ringhiera correva proprio sul bordo e c’era anche una panchina di ferro.  »
« Lo so e me la ricordo benissimo quella panchina. Poi un giorno non c’era più. Chissà, dei vandali forse … era comoda  ».
« Allora io vado, ho lasciato la macchina in piazza della chiesa. M’ha fatto piacere conoscerla, Roberto »
Si strinsero la mano.
« Anch’io lei Renata, anch’io lei. E non s’angusti troppo, tutto s’aggiusta diceva mia nonna  »
« lo diceva anche la mia  » Sorrise Renata.
Poi si voltò, raggiunse la ringhiera, si accucciò passando sotto il corrimano e s’incamminò verso il paese, su in cima. Si voltò un’ultima volta prima della curva e fece ciao con la mano.
Roberto le rispose allo stesso modo, pensieroso.

Roberto trasse di tasca il pacchetto e se ne accese una aspirando con rabbia la prima boccata.
- anche questa  mi ci mancava, un’aspirante suicida che c’aveva ripensato ed io a momenti la faccio riripensare per lo spavento. Mai una giusta. -
Scacciò il pensiero.
«Il meno è fatto, adesso tocca al più » pronunciò a mezza bocca.
Il cielo lo sapeva se ci aveva provato ad essere un uomo normale, una moglie dei figli un lavoro dei normali desideri; ma sempre in fondo all'anima la domanda di quanto tutto questo avesse senso. La risposta non era mai venuta, anzi la dolorosa convinzione che proprio il cielo non ci fosse. Buttò il mozzicone a  terra e lo schiacciò con il piede.
Il posto era quello, Il tempo era quello.
- Non pensare e fallo -
Si tolse la giacca a vento, in una tasca c'era la lettera, poche frasi che tanto non era necessario di più.
Gli tornarono in mente le parole di Renata.
– Ma sì -. Si tolse allora anche il maglione e li piegò uno sull’altro accanto al cartello mettendoci sopra anche un pietrone, non si mai con questo vento.
- Magari a mio figlio può venir bene -

«Non pensare e fallo».

Aveva i brividi di freddo adesso Roberto, era stata un’idea del cazzo quella del maglione.

«Non pensare e fallo».

«Non pensare e fallo».

Un profondo respiro, chiuse gli occhi ed accolse la vampata di adrenalina che gli stordì la mente ordinando alle gambe di correre incontro all'ultimo mistero. Non pensò più e lo fece.

La foto l'ho scaricata da qui:



Ovviamente come foto non centra nulla con questo racconto, ma è un po' di giorni che mi "disturba". 
Gli occhi che a me sembrano pieni di sgomento del cucciolo per qualcosa che non capisce. 
Non mi disturba più di tanto il fatto che i bracconieri abbiano ammazzato la madre. Io ho già spento una vita ogni volta che mangio qualche proteina animale ed anche mosche e zanzare (e formiche e topolini di campagna) hanno molto da dire sul mio conto. Sono pur sempre esistenze, no?
Forse i bracconieri hanno da mantenere famiglie.
Tempo fa davanti alle foto su Facebook dei cani randagi ammazzati "per gli Europei di calcio", mi sono chiesto se anche la vedova del camionista sbranato giù a Roma più di un anno fa da cani randagi "nostrani" avesse cliccato "mi piace" per esprimere la propria indignazione per quei ripulisti.
Uno Stato ha il dovere di trovare soluzioni.
Non è quella la strada giusta? Spieghiamolo alla vedova.
Però quegli occhi...
Non ho la soluzione.
Che centra il racconto? non lo so.

 
 








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